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La recente notizia che ha visto il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) interrompere la propria collaborazione con l’Arabia Saudita per le Olimpiadi degli Esports ha colto di sorpresa gli esperti del settore. Questo evento non rappresenta solo una semplice modifica organizzativa, ma segna la fine di un’alleanza complessa e problematica.
L’accordo, siglato nel luglio 2025, prometteva un’integrazione tra il mondo degli esports e i valori olimpici, ma le differenze fondamentali tra i due ambiti si sono rivelate insormontabili.
La nascita dell’accordo e le sue sfide
Inizialmente, l’accordo tra il CIO e l’Arabia Saudita era stato accolto con entusiasmo, visto come un’opportunità per modernizzare l’immagine olimpica e attrarre un pubblico più giovane.
Tuttavia, dietro il clamore iniziale si nascondeva una base fragile. I rapporti di collaborazione sono stati messi a dura prova già con il rinvio della prima edizione dei Giochi da 2025 a 2027, un chiaro segnale che le differenze di visioni strategiche stavano emergendo.
Contraddizioni insite nel modello
Il fulcro del problema risiedeva nella natura intrinsecamente commerciale degli esports. Ogni titolo è controllato da un publisher, il quale stabilisce regole, diritti e modalità di utilizzo. Questo sistema chiuso è in netto contrasto con l’ideale olimpico di neutralità e universalità. Il CIO ha cercato di armonizzare due mondi che, per loro stessa natura, parlano linguaggi differenti.
Il ritiro e le sue implicazioni
Quando il 30 ottobre è stata annunciata la conclusione dell’accordo, il CIO ha parlato di un “nuovo approccio” per gli esports. Tuttavia, questa dichiarazione maschera la realtà di una partnership fallita. Gli esports non possiedono ancora un codice uniforme né un’autorità di vigilanza riconosciuta a livello internazionale. La mancanza di un sistema di regole condiviso rende impossibile integrare pienamente gli esports nel contesto olimpico.
Riflessioni etiche e reputazionali
Per l’Arabia Saudita, la rottura rappresenta un colpo alla propria reputazione internazionale. Sebbene il Paese continui a ospitare eventi di esports come la Esports World Cup, perde la legittimità di un’associazione con il marchio olimpico, che avrebbe potuto consolidarne l’immagine positiva. L’interruzione di questo accordo solleva interrogativi più ampi sulla coerenza etica e sul rischio di sportswashing legato alle politiche saudite.
Il futuro degli esports e delle Olimpiadi
Il CIO si trova ora di fronte a una fase di ridefinizione. L’interruzione della partnership non deve essere vista come una sconfitta, ma come un’opportunità per riflettere e costruire un nuovo modello di integrazione. La sfida consiste nel trovare un equilibrio tra innovazione e rispetto dei valori fondamentali olimpici, promuovendo un dialogo sincero con tutti gli attori del settore.
Verso un modello inclusivo
Per il futuro, sarà cruciale sviluppare un approccio che contempli discipline in linea con il spirito olimpico, escludendo i titoli che glorificano la violenza e cercando di diversificare i partner. Solo così gli esports potranno trovare un loro spazio all’interno della grande famiglia olimpica, rispettando i principi di uguaglianza e fair play.
