Il Giappone è un mondo a sé stante. Non è né migliore né peggiore, ma un universo diverso. Appena atterri, ti rendi conto che le tue conoscenze sul paese – provenienti da video, amici o idee preconcepite – non bastano. E forse è meno avanzato di quanto ci aspettassimo inizialmente.
Per esempio, dopo la prima partita, i giornalisti hanno ordinato cibo, ma questo è arrivato con oltre due ore di ritardo, in una nazione dove i treni sono puntuali al secondo e i bagni possiedono tecnologie all’avanguardia. Credevamo che tutto fosse ultra-moderno, ma ci siamo trovati di fronte a taxi senza terminale di pagamento e negozi che accettano solo contante.
Tuttavia, i bagni sono dotati di funzioni sorprendenti, come il saluto e persino la musica. Ogni giorno era un mix di meraviglia e adattamento. La barriera linguistica si è rivelata un ulteriore ostacolo. Nè l’inglese né i gesti più semplici sembravano risolvere la situazione; indicare qualcosa, chiedere aiuto o dare indicazioni diveniva una sorta di gioco di mimica. Eppure, in questo apparentemente caotico ma ordinato sistema, abbiamo scoperto rispetto, tranquillità e ospitalità. Soprattutto, un amore autentico per il calcio. Quando siamo giunti a Yokohama, dopo cinque giorni, abbiamo percepito l’impatto che la Real Sociedad stava avendo lì. A Nagasaki, abbiamo visto un vero e proprio fenomeno di tifoseria. Nella città vicina a Tokyo, ci siamo confrontati con la dimensione commerciale. La Real Sociedad sta seguendo la strada giusta. La sua evoluzione da Zubieta resta fondamentale, ma oggi è essenziale guardare oltre. Il Giappone offre un’enorme opportunità, non solo dal punto di vista economico ma anche sociale. Il paese respira sport, in particolare calcio, e accoglie naturalmente i club che si avvicinano con rispetto. I calciatori ricevono sempre applausi, in ogni angolo.
All’arrivo a Donostia, a bordo di un van – che sembra suonare molto più elegante e moderno rispetto a furgonetta – qualcuno ha pensato che i tifosi giapponesi, praticamente sempre gli stessi, sarebbero stati presenti nella città sportiva per accogliere la squadra dopo un viaggio di quasi 22 ore. Questo ha suscitato le risate di chi si trovava lì. In sintesi, in Giappone, la Real non è soltanto una formazione in trasferta; è un elemento ben voluto all’interno di una cultura che si sviluppa intorno allo sport, avvicinandosi sempre di più al calcio. Quest’avventura non ci ha regalato solo storie divertenti e differenze culturali, ma ci ha anche rivelato che l’internazionalizzazione del club è non solo sensata, ma indispensabile. Nonostante ciò, dopo una settimana, eravamo ancora spaesati nel chiedere una cena in un ristorante qualsiasi.