In un mondo del calcio sempre più costellato di frasi fatte e cliché poco coinvolgenti, spicca la figura di Julián Calero. Un allenatore “molto di paese” che non si preoccupa di mostrarsi autentico: comunica in modo diretto, infonde metafore da bar e non esita a ridere di sé stesso.
Ogni conferenza stampa si trasforma in un monologo che mescola la tradizione con una certa ribellione, rivelando il profondo legame che il suo Levante, fresco di promozione, ha con i tifosi. “Dobbiamo abituarci a vivere nel fango”, affermava dopo una recente sconfitta contro il Barça.
Questa espressione riassume l’essenza della sua squadra, pronta a combattere, ad affrontare le difficoltà e a trovare nella solidarietà la propria forza principale. Per Calero, il calcio va oltre il semplice punteggio. “Non si vive di sensazioni, si vive di punti”, ricordava in modo diretto, ma senza perdere la fiducia in un gruppo che, esordendo in Serie A, sta imparando a credere nelle proprie possibilità. Calero è quindi un uomo che affronta le difficoltà, avendo già affrontato tempeste in passato. Come giovane poliziotto municipale a Madrid, ha vissuto in prima persona il dramma dell’11-M ad Atocha, un’esperienza che lo ha segnato profondamente, offrendogli una visione diversa sulla vita e sullo sport. “Ci sono cose che non si riescono a elaborare, sono una lacerazione nell’anima”, raccontava. Forse per questo motivo, ora che raggiunge l’élite, tiene in alta considerazione il valore del lavoro, della gratitudine e della solidarietà. Il suo modo di esprimersi è sempre accessibile, ricco di immagini comprensibili a tutti. Come quando ha paragonato il percorso del suo Burgos dal “mangiare panini di mortadella” a assaporare il “caviale” dei play-off, ricordando l’importanza di non dimenticare mai le proprie origini.
Julián Calero ha desvelato la esencia de su filosofía a través de una metáfora que ha provocado risas: ha comparado a sus jugadores con “una manada de cerdos”. En sus palabras, la gallina participa de manera superficial al poner un huevo, mientras que el cerdo da su vida, lo que él define como verdadero compromiso. Se identifica con esta metáfora, hablando de forma natural y sincera. Calero repite a menudo las enseñanzas de su madre, que siempre decía que agradecernos es signo de buena crianza. Así es como vive su pasión por el fútbol, con un profundo agradecimiento hacia un deporte que le ha brindado mucho y al que se entrega plenamente.
La afición del Levante, emocionada por el reciente ascenso, ha encontrado en él un entrenador que se siente como un reflejo de sus propias aspiraciones. Se muestra humble, trabajador y directo, prometiendo luchar en cada encuentro. En este regreso a la Primera División, Calero ha trascendido su rol como técnico, convirtiéndose en un símbolo de resiliencia, gratitud y esfuerzo constante. Su forma de hablar, con expresiones sencillas y comparaciones cotidianas, sugiere que incluso desde las circunstancias más difíciles se puede crecer.
A pesar de reconocer que los sueños en el fútbol pueden parecer lejanos, él no se rinde: “Me gustaría que dentro de cinco años estuviéramos hablando de Europa. No permitiré que nadie me quite mis sueños”. Bajo su liderazgo, el Levante ha hallado no solo un entrenador, sino un verdadero modelo a seguir en términos humanos.