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Gino Bartali tra sport e shoah: il ciclista che salvò gli ebrei

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La grandezza di un campione non si misura solo con le imprese sportive. Infatti, la stella di Gino Bartali, associata alle vittime della shoah, brilla anche al di fuori del successo nel mondo del ciclismo.

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Gino Bartali e la shoah

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Il ciclista è il protagonista di una delle azioni più nobili che hanno a che fare con la liberazione degli ebrei dalle deportazioni nazifasciste. “Il bene si fa ma non si dice. E certe medaglie di appendono al cuore, non alla giacca”, queste le parole con cui Gino Bartali aveva spiegato al figlio Andrea che avrebbe dovuto raccontare la sua storia soltanto a tempo debito. Andrea Bartali ha custodito il segreto per molto tempo, infatti questa storia è stata ricostruita anni dopo.

Nel 2012 Andrea Bartali scrisse “Gino Bartali, mio papà“. La storia e le gesta del campione vennero dunque a galla, anche grazie alla testimonianza di molte persone salvate dal ciclista. Bartali, infatti, durante le persecuzioni in Italia trasportò all’interno della sua bicicletta da gara, centinaia di documenti falsi per aiutare gli ebrei ad assumere una nuova identità per sfuggire alla deportazione che li avrebbe trascinati nei campi di concentramento nazifascisti.

Gino Bartali, il campione che ha pedalato per la libertà, è scomparso il 5 maggio del 2000. Il presidente della Repubblica in carica nel 2005, Carlo Azeglio Ciampi, ha consegnato a sua moglie Adriana la medaglia d’oro al valore civile (postuma). Inoltre, il 2 ottobre 2011, il Giardino dei giusti del Mondo di Padova gli ha riservato un posto tra i Giusti dell’Olocausto.

Il 23 settembre 2013, lo Yad Vashem – il memoriale israeliano per le vittime dell’Olocausto – lo nomina “Giusto tra le nazioni“, un riconoscimento a chi ha rischiato la propria vita per salvare anche solo uno degli ebrei durante il regime nazifascista. Cinque anni più tardi, nell’aprile 2018, il portavoce dello Yad Vashem nomina Gino Bartali cittadino onorario di Israele.

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