La storia di Fariba Hashimi: un simbolo di emancipazione femminile nel ciclismo

Dalla fuga dai Talebani alla conquista del World Tour: il viaggio di una giovane atleta

Un viaggio di emancipazione

Fariba Hashimi, una giovane ciclista afghana di soli 22 anni, rappresenta un esempio straordinario di resilienza e determinazione. Nata nel 2003 in una zona rurale dell’Afghanistan, ha iniziato a pedalare all’età di 14 anni, nascondendo la sua identità femminile per partecipare a gare locali.

In un contesto in cui le donne sono spesso escluse dallo sport, la sua storia è un simbolo di emancipazione femminile e di lotta contro le ingiustizie.

Il coraggio di sfidare le convenzioni

Il ciclismo per Fariba non è solo una passione, ma un atto di ribellione contro un sistema patriarcale che la vuole silenziosa.

Quando la sua famiglia scoprì la sua attività, inizialmente la sostenne, ma la comunità circostante la ostracizzò, considerandola immorale. Nonostante le avversità, Fariba continuò a inseguire il suo sogno, ispirandosi a figure storiche come Alfonsina Strada, che un secolo fa lottò per il diritto delle donne di competere nel ciclismo.

Un futuro luminoso nel ciclismo professionistico

Con il ritorno al potere dei Talebani nel 2021, la situazione per le donne in Afghanistan si fece drammatica. Tuttavia, grazie all’associazione Road to Equality, fondata da Alessandra Cappellotto, Fariba riuscì a lasciare il paese e a intraprendere una carriera nel ciclismo professionistico. Oggi, è la prima donna afghana a competere nel World Tour, un traguardo che rappresenta non solo un successo personale, ma anche una vittoria per tutte le donne afghane.

Un simbolo di speranza e cambiamento

Fariba ha esordito nel 2023 con il team Ceratizit-WNT Pro Cycling, e la sua storia continua a ispirare molte giovani donne. La sua partecipazione ai Giochi Olimpici di Parigi, dove ha chiesto di rappresentare l’Afghanistan, è un gesto di coraggio e determinazione. Con ogni pedalata, Fariba non solo persegue il suo sogno, ma porta avanti la causa delle donne afghane, dimostrando che la lotta per i diritti e l’uguaglianza è possibile, anche in condizioni avverse.

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