Chi era Gino Ravenna? Il ginnasta olimpionico ucciso ad Auschwitz

Gino Ravenna, la storia del ginnasta olimpionico deportato ed ucciso ad Auschwitz. Una delle storie di sport legate allo sterminio ebraico.

Nel giorno della memoria vi portiamo la storia di Gino Ravenna ginnasta italiano deportato e ucciso nel campo di concentramento di Auschwitz. Una storia di sport e di tragedia che ha coinvolto e sconvolto l’intera umanità e che non deve mai essere dimenticata perché quanto successo non si deve mai più ripetere.

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Gino Ravenna: chi era

Gino Ravenna è stato uno dei 29 campioni che l’Italia portò al concorso generale di ginnastica artistica indetto a Londra nel 1908. Faceva parte della Palestra ginnastica Ferrara la squadra che fra tutte le partecipanti vinse le selezioni per andare a Londra a disputare quella prestigiosa manifestazione.

In quella gara l’Italia non fece assolutamente brutta figura piazzandosi al 6° posto assoluto che fece si che rientrassero a Ferrara con tutti gli onori del caso perché erano stati coloro che avevano rappresentato la città e la nazione a livello internazionale.

Lo sport fece parte della vita di Gino sin dal suo rientro dalla Prima Guerra Mondiale ed in città tutta la sua famiglia era conosciuta essendo stata Podestà di Ferrara dal 1926 al 1938.

La sua famiglia pur essendo fascista di origine ebraica non ebbe problemi a continuare l’attività di commercio nonostante l’introduzione delle leggi razziali. Tutto cambiò invece a partire dall’8 settembre 1943.

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Gino Ravenna: la deportazione e morte ad Auschwitz

Gino inizialmente si rifugiò ad Albarea dove poté continuare l’attività di commercio ma la situazione mutò improvvisamente l’8 ottobre quando suo figlio Gegio fu arrestato. Provarono a partire per la Svizzera venendo fermati a Domodossola, poi carcerati presso il carcere di via Piangipane e successivamente, l’11 febbraio 1944 condotti al tempio di Via Mazzini che nel frattempo si era trasformato in un campo di concentramento.

Il 22 febbraio l’inizio del viaggio, quel viaggio verso un luogo dichiarato di libertà, che durò 4 giorni sino al 26 giorno in cui Gino e i suoi familiari come altre milioni di persone arrivarono ad Auschwitz.

Nel campo di concentramento morirono quasi tutti i familiari di Gino a parte il figlio Gegio già presente in questa storia, che venne liberato dai russi il 27 gennaio 1945.

E’ proprio da lui che si apprende quanto accaduto al padre, l’olimpionico che fece grande l’Italia che divenne come molti altri un semplice numero, il 174.541.

Gino si era salvato dalla prima selezione riuscendo a restare accanto al figlio per un mese lavorando fino a quando le forze glielo permisero. Rimase poi nella baracca per alcuni giorni, il terzo il figlio Gegio tornò a fargli visita e non lo trovo più.

Un deportato che parlava italiano gli disse che suo padre lo salutava raccomandandogli di tenere duro. Proprio quel terzo giorno il camino iniziò a fumare. Quel fumo è storia, la storia più brutta del ventesimo secolo e una delle più brutte dell’intera storia dell’umanità.

Questa storia, per non dimenticare quanto accaduto e come impronta di quanto accaduto quasi 80 anni fa.

Scritto da Filippo Imundi
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