Hockey sul ghiaccio, l’emblema del Canada

Dal momento della sua nascita a oggi, l'hockey sul ghiaccio ha unito molte persone. Nelle prossime righe ne esploreremo le caratteristiche.

Nato dopo il 1850, l’hockey sul ghiaccio è il simbolo del Canada, dove viene praticato da persone di ogni sesso ed età. Uomini, donne e bambini imparano fin da piccoli i dettami di questo sport, parente stretto del pattinaggio, ma con tratti comuni a rugby, golf sul ghiaccio e ai più antichi kolven, hurling e shinty.

Dal momento della sua nascita a oggi, il gioco ha unito persone di ogni condizione e contribuito ad appianare i divari sociali, almeno durante le partite. Nelle prossime righe, faremo un viaggio nel mondo dell’ice hockey, dal lancio alle regole attualmente in vigore.

Hockey sul ghiaccio, le origini

Il nome hockey è, forse, di origine francese. Potrebbe derivare dal termine arcaico “hoquet”, il cui significato era “bastone di legno curvo”. E, in effetti, a distinguerlo da altri sport affini è proprio la forma della mazza in legno di carpino, simile a quella usata nel bandy e dal caratteristico design a L.

Come già anticipato, il gioco vanta origini remote. Alcuni bassorilievi egizi riportano figure di uomini che tentano di prendere il controllo di un oggetto di piccole dimensioni (probabilmente una palla di lino), posto su una superficie calpestabile. L’attività si diffuse per gran parte dell’Europa, con parecchie varianti sulle regole.

Tuttavia, per una codifica ufficiale delle norme bisogna attendere la seconda metà del 1800. Fu James Allen Creighton a dare vita all’hockey sul ghiaccio come lo conosciamo oggi, grazie alle sue abilità nel pattinaggio e all’esperienza maturata nel rugby. Fino a quel momento, infatti, non c’era alcuna distinzione tra i vari ruoli.

Il numero dei giocatori era arbitrario: dipendeva da quante persone potevano pattinare sul ghiaccio, al momento della gara. In altre parole, l’unica finalità era quella di prendere possesso del dischetto, tenerlo più a lungo possibile e tirarlo verso un punto definito prima del fischio d’inizio.

Il 3 marzo del 1875, Creighton sperimentò, nella pista di pattinaggio di Victoria, le nuove regole con la sua squadra di rugby. A ogni membro del team fornì una mazza, unico mezzo consentito per movimentare il paleo di caucciù: non era possibile dare calci, fare forward pass (passaggio in avanti) in attacco, né alzare il bastone al di sopra delle spalle quando uno dei giocatori avversari stava per tirare.

La competizione durò per un paio d’ore e fu seguita da alcune squadre di hockey sul prato invitate dallo stesso organizzatore; le cronache del tempo dicono che vi fu una breve interruzione allo scadere della prima mezz’ora, dovute a una rissa. A delimitare le varie aree del campo vi erano 8 pali (di cui 4 per le porte) ed erano state definite alcune linee guida:

  • i portieri non potevano cadere né inginocchiarsi per parare;
  • il numero dei componenti era di 9 persone per squadra, senza possibilità di sostituzione durante il match;
  • la partita durava per 60 minuti consecutivi.

Per i primi 8 anni, tale attività fu praticata solo da un ristretto gruppo di persone, non più di un centinaio in tutto il Paese. Ma dopo il Carnevale d’Inverno del 1883, iniziò a diffondersi rapidamente, fino ad arrivare ai livelli di oggi e a squadre del calibro del Toronto Maple Leafs, apprezzata a livello planetario.

Ice hockey oggi: campo, regole e infrazioni

Dal periodo degli albori ai giorni nostri, molte norme sono cambiate. Tanto per fare un esempio, il passaggio in avanti è diventato regolare nella zona di attacco, a partire dalla fine degli Anni 20 del secolo scorso. Troppe partite, infatti, finivano in pareggio e risultavano noiose per gli spettatori, perfino per quelli più appassionati.

Pure il numero dei players ha subito delle modifiche: in ogni squadra ne sono presenti almeno una ventina (di cui 6 in campo) e ognuno di essi ha la possibilità di giocare per 1 minuto. Nel momento in cui tutti i difensori e gli attaccanti vengono sostituiti, si ha un cambio di linea, anche quando il portiere non va in panchina.

Come alle origini, la durata di un match è di 60 minuti. Attualmente, il tempo totale è suddiviso in 3 parti da 20 minuti ciascuna, ad eccezione dell’hockey sul ghiaccio paralimpico europeo, che prevede 15 minuti di gioco per ogni terzo. In entrambi i casi, i blocchi sono intervallati da un quarto d’ora di pausa.

Analogamente al calcio, sono previsti tempi supplementari e rigori, quando il risultato finale entro la durata regolamentare è in pareggio, pertanto un incontro può andare oltre i 90 minuti. Ma, contrariamente a quanto accade in questo sport, nell’ice hockey il cronometro viene fermato, in caso di infortuni, sostituzioni e penalità.

Degna di nota è la suddivisione del campo, dove si trovano i punti di ingaggio. La parte centrale, delimitata da due linee blu, è detta zona neutra. All’interno di essa si trova una circonferenza rossa: da qui, oltre ad avere inizio la partita e gli altri due tempi, si segnano i goal.

La mezzaluna laterale, invece, è il posto riservato all’arbitro e i giocatori possono calpestarla durante le loro azioni. Gli spazi tra la riga blu e la porta vengono definiti area di difesa e di attacco, rispettivamente per la propria formazione e per quella avversaria.

Come ogni altro sport, anche nell’hockey sul ghiaccio sono previste le infrazioni. Fuorigioco, sgambetti, tentativi di fare goal con il piede e agganci sono vietati e, pertanto, punibili con penalità personali e disciplinari, di durata variabile da pochi minuti a più gare.

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