I portieri della Serie A non parlano più italiano: 13 su 20 sono stranieri

Nella prima giornata di Serie A, tredici squadre hanno schierato dal primo minuto portieri stranieri. Ma per molti la scuola italiana resta la migliore.

I portieri della Serie A non parlano più italiano. La prima giornata del torneo 2021-2022 ha infatti segnato il sorpasso: per tredici squadre su venti il titolare è stato straniero. Tra le prime sette classificate dell’ultimo campionato, solo il Napoli ha schierato dal primo minuto un portiere italiano, il friulano Meret.

La Juventus ha messo in campo un polacco (Szczesny), l’Inter uno sloveno (Handanovic), il Milan un francese (Maignan), la Roma un portoghese (Rui Patricio), l’Atalanta un argentino (Musso), la Lazio uno spagnolo (Reina).

Oltre al Napoli, sono rimasti fedeli alla scuola italiana il Sassuolo (Consigli), il Cagliari (Cragno), il Genoa (Sirigu), la Sampdoria (Audero), l’Udinese (Silvestri), l’Empoli (Vicario).

La nazione straniera più rappresentata nella prima giornata della Serie A è stata la Polonia, che oltre a Szczesny ha visto schierato Dragowski della Fiorentina (espulso e sostituito dall’italiano Terracciano) e Skorupski del Bologna. Due sono stati gli sloveni, con Belec della Salernitana oltre ad Handanovic. Gli altri Paesi rappresentati sono stati la Serbia, con Milinkovic-Savic del Torino, la Croazia con Pandur dell’Hellas Verona e la Finlandia con Mäenpää del Venezia.

I portieri della Serie A: quando l’abbondanza era italiana

La partenza di Donnarumma, eroe della nazionale di Mancini del 2021, proprio come lo furono Zoff per la squadra di Bearzot nel 1982 e Buffon per quella di Lippi del 2006, in direzione Parigi ha lasciato un vuoto non solo tecnico, ma anche simbolico. Sembra lontano il tempo caratterizzato dall’abbondanza di portieri italiani, quando alcuni dalla provincia partivano per squadre prestigiose. Due i simboli di questo fenomeno: Roma, emigrato dalla periferia piacentina al Principato di Monaco, e Cudicini, passato dal miracolo Castel di Sangro al Chelsea di Zola.

“In Italia era difficile”, ricorda Roma, che con il Monaco nel 2004 giocò la finale di Champions League. Per lui la partenza verso il Principato fu “un’occasione presa al volo”. Cudicini Carlo, figlio del mitico “Ragno nero” Flavio del Milan campione di tutto tra gli anni Sessanta e Settanta, diventò invece uno degli idoli di Stamford Bridge negli anni di Vialli e Ranieri, oltre che di Zola. La rivista FourFourTwo lo ha eletto sesto miglior portiere nella storia della Premier League, con ben 64 partite su 161 senza goal subiti.

I portieri della Serie A: “La scuola italiana resta la migliore”

Se Roma e Cudicini hanno rappresentato delle eccezioni della loro epoca, adesso lo scenario sembra mutato, con il mercato che non cerca più il talento italiano. Nonostante ciò, per molti ex portieri la scuola del nostro Paese resta comunque la migliore. “Resto convinto che la scuola italiana dei portieri sia ancora la migliore”, ha dichiarato Zenga alla Gazzetta dello Sport. Marchegiani invece ha detto al Corriere della Sera che

Semplicemente sta accadendo con i portieri quello che da tempo succede già in altri ruoli: a parità di qualità, i dirigenti scelgono uno straniero. È incomprensibile come in troppe squadre di media e bassa classifica giochino portieri che nulla hanno in più rispetto ai nostri, anzi

Il portiere rimane una delle basi su cui iniziare la costruzione di una squadra: basta pensare agli ingenti investimenti dell’ultimo mercato, tipo i 20 milioni spesi dall’Atalanta per Musso, i 13 del Milan per Maignan e gli 11,5 della Roma per Rui Patricio. D’altronde, nonostante la continua ricerca di un calcio sempre più offensivo, il ruolo del portiere resta necessario per un solido equilibrio difensivo. Quasi a confermare la teoria di Zoff, secondo cui

Non esiste alcuna evoluzione del portiere, quanto un’evoluzione del gioco. È cambiato qualcosa, di certo ora una squadra di calcio si rifugia più spesso dalle sue parti, fa in modo che la costruzione del gioco possa passare anche da lui. Però per me la cosa fondamentale resta la sua capacità di parare. È questa la differenza tra un portiere bravo e un portiere che non lo è

Scritto da Federica Palman

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