La storia di Ibrahima Mbaye: dal calcio senza scarpe alla Serie A

La storia di Ibrahima Mbaye è commovente: il difensore del Bologna ha dato i primi calci al pallone in Senegal, ma la fortuna è arrivata in Italia.

Dal Senegal all’Italia con un pallone tra i piedi e tante speranza. La storia di Ibrahima Mbaye, nonostante il giocatore sia ancora molto giovane, è lunga e commovente. Dopo un’infanzia non semplice tra le mille difficoltà di un Paese povero, il difensore del Bologna è riuscito a coronare i suoi sogni.

Sono tante le persone che gli hanno permesso di raggiungere importanti traguardi: da José Mourinho fino ad Andrea Stramaccioni. La sua carriera, però, è ancora tutta da scrivere.

La storia di Ibrahima Mbaye inizia in Senegal

Ibrahima Mbaye nasce il 19 novembre 1994 in Senegal.

La passione per il pallone lo avvolge fin da piccolissimo, quando inizia a dare i primi calci ad una sfera mal ridotta in strada, senza scarpe. La fortuna e la sua immancabile tenacia lo portano ad entrare nella Scuola calcio dell’Etoile Luisiana di Dakar, la sua città. Lì si avvicina ad un personaggio del mondo del calcio che proprio per permettere ai talenti meno fortunati di esplodere ha fatto importanti investimenti: José Mourinho. La Scuola calcio, infatti, è stata fondata proprio da lui.

È ancora un ragazzino dal fisico mingherlino, accompagnato dal papà. Nulla a che fare con l’uomo di oggi, alto 1.88. In quei campi Ibrahima Mbaye indossa le sue prime scarpette da calcio e cresce sempre di più. Gioca da terzino e con il pallone sa cosa fare. È per questo che viene notato dal procuratore Beppe Accardi, che si segna il suo nome e lo propone a Piero Ausilio, direttore sportivo dell’Inter.

La storia di Ibrahima Mbaye, da lì in poi, è tutta italiana. I palloni mal ridotti e i piedi doloranti sono ormai soltanto un ricordo. “In Africa tutti i bambini giocano a pallone. Lì si gioca senza scarpe da calcio e senza palloni veri, si usa quello che si ha. L’unica cosa importante è divertirsi. Arrivare in Italia è stato un cambiamento totale”, ha raccontato. Di José Mourinho ricorda poco o nulla, ma a lui deve gran parte della sua fortuna. La parte restante, invece, va a Beppe Accardi, il suo secondo papà.

Le giovanili dell’Inter

Ibrahima Mbaye viene accolto nelle Giovanili dell’Inter. È l’inverno del 2012 ed ha appena sedici anni. Al suo fianco ci sono prima Luca Facchetti, figlio della storica leggenda nerazzurra, e poi Andrea Stramaccioni, che sanno bene come farlo crescere. Con la Primavera vince lo scudetto e quella che allora era la Champions League giovanile.

È proprio Andrea Stramaccioni, promosso a tecnico della prima squadra, a convocarlo per il ritiro pre-campionato. Il difensore era appena maggiorenne, ma era già il momento di dare una svolta alla magica favola. Viene dunque spedito tra i grandi, ma all’Inter c’è poco spazio. Così sceglie il Livorno e, in prestito, nella stagione 2013/14 di Serie A non perde mai il posto da titolare. In amaranto segna persino due reti.

Nel 2014 Ibrahima Mbaye torna all’Inter, ma anche questa volta lo spazio non è tantissimo. Il peso dei grandi campioni in difesa si fa sentire. Colleziona soltanto 4 presenze. È per questa ragione che un anno dopo viene ceduto al Bologna, a titolo definitivo.

La fortuna al Bologna

Ibrahima Mbaye veste la maglia del Bologna dal 2015. In cinque stagioni in rossoblù (una in Serie B e sei in Serie A) ha collezionato ben 108 presenze e 4 reti. Il suo contratto è stato rinnovato fino al 2023.

Ho ancora tanta fame e tanta voglia di andare avanti e imparare cose nuove, ambendo a giocare le partite più importanti. Il sogno sarebbe giocare queste partite con il Bologna, perchè no”, ha ammesso.

In questi anni in rossoblù il difensore è anche riuscito a conquistare la convocazione con la Nazionale senegalese, con cui al momento conta 3 presenze.

L’adozione da parte di Beppe Accardi

Una parentesi particolare della vita di Ibrahima Mbaye riguarda il procuratore Beppe Accardi. Dopo l’arrivo in Italia, infatti, il procuratore ha deciso di adottarlo, nonostante il difensore sia approdato nel Paese insieme al suo papà naturale, che fin dall’infanzia ha creduto in lui. Le pratiche legali sono iniziate nel 2015.

A tutti gli effetti è mio figlio. E non ha un legame particolare solo con me, ma anche con mia moglie e le mie figlie, che stravedono per lui. Lui mi chiama ‘Capo‘, mia moglie Antonella invece la chiama ‘mamma‘. Gli ho detto: ‘Sulla maglia devi mettere Mbaye-Accardi‘. Ci vogliamo bene. Ibra è uno di noi, è cresciuto con me, mia moglie e le mie figlie, Naomi e Talita. È il figlio maschio che non ho mai avuto e adesso ce l’ho”, ha raccontato Beppe Accardi.

Scritto da Chiara Ferrara
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